Da queste stesse miniere di zolfo proviene un secondo minerale fluorescente: la celestina. Presente sia in cristalli perfettamente trasparenti, sia in maniera più o meno massiva, la celestina è fluorescente azzurra sia sotto UVA che UVC con fosforescenza azzurra e verdastra. Come per l’aragonite, la fluorescenza è dovuta agli acidi umici.
La seconda aragonite italiana più famosa (o forse la più famosa?) è l’aragonite dalle miniere di Boccheggiano, in Toscana, nella zona delle Colline Metallifere. Al contrario delle aragoniti siciliane, questa aragonite si presenta principalmente in forma massiva o microcristallina. La fluorescenza è solitamente di un rosso intenso sotto UVA, altre volte più rosato. Sotto UVC la fluorescenza è più variabile: alcune sono fluorescenti rosse (ma molto meno intenso rispetto a UVA), altre rosate. L’attivatore della fluorescenza rossa è lo stesso delle aragoniti siciliane: ioni samario. Probabilmente la mancanza o la bassa concentrazione di acidi umici causa la risposta più debole sotto UVC. La seconda particolarità di queste “aragoniti” è l’incertezza su come chiamarle: aragonite, calcite, stronzianite, aragonostronzianite, stronzioaragonite, … ai posteri l’ardua sentenza.
Se l’aragonite siciliana è il più riconoscibile, il quarzo di La Sassa (in Toscana) è sicuramente il più “unico”, sia per rarità, sia per fluorescenza. In primo luogo, il quarzo è raramente fluorescente. In più il quarzo di La Sassa ha una fluorescenza gialla brillante difficilmente confondibile. I campioni più ricercati sono noduli di quarzo fibroraggiati. Essendo questi quasi introvabili, ci accontentiamo dei campioni più massivi e microcristallini, meno impressionanti, ma sempre unici per la loro fluorescenza. La fluorescenza pare essere dovuta a diversi attivatori, fra cui terre rare (REE), ioni uranile (UO22+) e composti policiclici aromatici (PAH). I campioni migliori provengono da lavori di ampliamento della strada che porta a La Sassa avvenuti negli anni Settanta; nuovi campioni sono ad oggi estremamente rari. Leggi di più.
La Miniera di Raibl è un’antica miniera di piombo e zinco attiva fino al 1991, oggi situata a Cave del Predil, una frazione Tarvisio in provincia di Udine (Friuli-Venezia Giulia), al confine fra Italia, Austria e Slovenia. La mineralizzazione consiste principalmente in solfuri (sfalerite, galena, pirite e marcasite) in dolomite, calcite e barite. I campioni fluorescenti più interessanti consistono in vene di sfalerite, fluorescente arancione, in dolomite, fluorescente bianca, entrambi fluorescenti sotto UVA. L’intensità della fluorescenza è molto variabile, alcuni campioni sono più fluorescenti di altri. Spesso questo materiale si trova tagliato in lastre, per mostrare meglio la deposizione concentrica degli strati di sfalerite.
Un’altra miniera di zinco nel Nord Italia, è la Miniera di Zorzone (o Miniera di Gorno), in provincia di Bergamo, Lombardia. Questa miniera è decisamente meno conosciuta rispetto alle precedenti. La fluorescenza pare principalmente dovuta a minerali di zinco, quali idrozincite e smithsonite.
Pare che la Sardegna sia un buon locale per trovare minerali fluorescenti. Da una parte ci sono i minerali di piombo, quali anglesite, cerussite e fosgenite (famose quelle da Monteponi, Iglesias). Dall’altra calcite, barite e fluorite. Sicuramente meritevoli di un po’ più di ricerca!
È evidente (ed auspicabile!) che ci siano molte altre località in Italia che producono minerali fluorescenti, oltre a quelle descritte in precedenza. Di seguito sono riportate immagini di alcune di queste. Non ho molte informazioni a riguardo: ciò che so è riportato nelle didascalie.
La maggior parte delle informazioni per questo articolo sono state ottenute da Natures Rainbows e dalle collezioni di Stefano Buzzoni e Simone Conti.
Immagine di copertina: Barite e Calcite dalla miniera Muscadroxius-Genna Tres Montis Mine, Silius Sardegna. Foto di Mark Cole.